1) Out Of
The Black
2) Come
On Over
3) Figure
It Out
4) You
Can Be So Cruel
5) Blood
Hands
6) Little
Monster
7) Loose
Change
8)
Careless
9) Ten
Tonne Skeleton
10)
Better Strangers
Da un po' di tempo nel panorama musicale si sente il bisogno
di una scossa, di qualcosa che faccia partire una scintilla e risvegli le
nostre orecchie addormentate. Qualcosa di nuovo. Se ci fate caso di questi
tempi ci ritroviamo ad aspettare nuovi dischi da gruppi vecchi, gruppi navigati
di cui conosciamo già i trascorsi e che sono sinonimo di garanzia. Andiamo a
colpo sicuro, il presente ha poco da offrire e il futuro è incerto perciò ci ancoriamo
al passato e restiamo lì, contenti e soddisfatti di quello che abbiamo già. Una
corrente di pensiero poco lungimirante che non ci permette di evolvere e di crescere
mentalmente. Rimaniamo attaccati alle nostre certezze e non apriamo la mente
all'ignoto, a quello che non conosciamo creando pregiudizi insensati. Ed è qui
che arrivano i Royal Blood, per
dimostrare quanto siano sbagliati questi continui pregiudizi verso la nuova
musica che si affaccia al mondo, per smentire i dinosauri sempre pronti a
brontolare su come la musica in passato fosse migliore rispetto a quella di
oggi.
Il duo composto da Mike
Kerr (bassista e cantante) e Ben
Thatcher (batterista) va ad unirsi ad un filone ben nutrito di gruppi a due
membri come The White Stripes e The Black Keys, senza avere nulla da
spartire con essi. Il loro stile che abbraccia garage rock, blues e grunge dà una sensazione di unica
familiarità, un "nuovo-già sentito" molto piacevole e rinfrescante
che permea ogni nota del loro primo album omonimo. Ogni riff riesce a fare
breccia nella mente e a restarci incollato, come quello della sensazionale Loose Change. Breve e diretta, prima
trasportante e poi trascinante, perfetta per scatenarsi come la martellante Come On Over dove Kerr crea un ottimo connubio tra la sua voce e il basso, intenti a
farsi il verso a vicenda.
Proprio nel basso sta la genialità di questo gruppo,
un basso che il musicista di Brighton si è impegnato a far suonare come una
chitarra grazie a particolari amplificatori, pedali e distorsori. Il suono che
ne deriva è proprio quello di una chitarra elettrica e un basso fusi insieme,
come fossero una sola entità. Il risultato è evidente soprattutto in brani come
Blood Hands e Figure It Out dai raffinatissimi toni blues rock. La prima calda e suadente mentre la seconda piena di
energia, segno della grande versatilità vocale di un Kerr capace di adattarsi ai vari stili proposti dalla coppia
inglese.
Anche Thatcher vuole la sua
porta e se la prende con prepotenza in Better
Strangers con un intro tanto essenziale quanto penetrante, picchiando prepotentemente
le sue bacchette e la cassa. Il riff che lo accompagna è di quelli memorabili,
ma Thatcher si mette sotto i
riflettori anche nell'incredibile Out Of
The Black che è impossibile non associare allo stile dei Muse, quelli più cattivi dei primi
lavori. Anche qui il batterista colpisce implacabile supportando un riff distortissimo
e graffiante. Anche lo stile vocale di Kerr
ricorda vagamente quello di Matthew
Bellamy, meno potente nelle strofe ma più incisivo nei ritornelli. Le
distorsioni raggiungono alti livelli in You
Can Be So Cruel dove le corde del basso grattano le orecchie
dell'ascoltatore con quelle sonorità tipiche del grunge sporco e rozzo. Pezzo molto sostenuto a tratti quasi pop, un po' come Careless complici delle strofe molto catchy e l'ennesima conferma
della particolare voce di Kerr,
capace di destreggiarsi in ogni situazione.
I due musicisti però raggiungono la
coesione massima nei due brani di punta di quest'opera, ovvero Ten Tonne Skeleton e Little Monster. Nella prima Kerr trova il modo di esprimere al
meglio le potenzialità del suo basso dal suono ritoccato con un riff che sembra
un ascensore impazzito e nel bridge il suo falsetto diventa una ninna nanna
letale. La seconda può tranquillamente essere definita una delle canzoni rock
migliori di quest'anno, da ascoltare e riascoltare senza stancarsi mai. Ogni
secondo contribuisce alla riuscita del brano nella sua interezza, una brano
fresco e coinvolgente dall'inizio alla fine. Non dimenticherete facilmente
questo riff, questa voce e i due assoli di basso e batteria.
I Royal Blood si
lanciano involontariamente per diventare uno dei gruppi rock di maggior
successo dei prossimi anni con uno stile unico e già ben definito. Nonostante
l'album superi di poco i 30 minuti alla fine dell'ascolto si prova un senso di
appagamento non indifferente, l'impressione che a questo lavoro non manchi quasi
nulla. La quantità non è sinonimo di qualità e ne abbiamo la riconferma. Pezzi
diretti e secchi, senza troppi fronzoli dato che il genere non li richiede.
Questo gruppo è già sulla buona strada per diventare grande e lo pensa anche il
chitarrista dei Led Zeppelin, Jimmy Page. Vedendoli live ha affermato
che "porteranno il rock verso un
nuovo mondo, se non lo stanno già facendo. La loro è musica di qualità
pazzesca". Chissà quale sarà questo mondo, ma li seguiremo
senza esitazioni.
VOTO: 8,5